Riposizionamento di farmaci per il trattamento della leucemia: facciamo il punto.

Il riposizionamento di farmaci è una strategia di ricerca in cui farmaci approvati per il trattamento di alcune malattie vengono studiati al fine di essere riproposti per il trattamento di una diversa patologia.

Il processo convenzionale che porta all’identificazione di nuovi farmaci include numerosi test pre-clinici in modelli in vivo ed in vitro (per effettuare i primi test di efficacia e tossicità dei farmaci), seguiti da tre fasi “cliniche”: fase I, volta a testare nei pazienti la sicurezza dei composti; fase II, per testare nei pazienti l’efficacia dei nuovi farmaci; fase III, per confrontare l’efficacia dei nuovi trattamenti rispetto alle terapie standard.

Nel riposizionamento di farmaci, invece, lavorare con composti già approvati per il trattamento di altre patologie umane –per cui quindi la sicurezza è stata precedentemente verificata– consente di saltare la fase I (ed alcuni studi pre-clinici). Quindi, rispetto al processo convenzionale per l’identificazione di nuovi farmaci, il riposizionamento di farmaci è più rapido, meno costoso, e non richiede test di tossicità.

Come funziona il riposizionamento di farmaci? Esistono due diversi approcci che possono essere sfruttati per il riposizionamento di farmaci: 1) il “riposizionamento sperimentale”, in cui viene testata l’abilità di farmaci noti (sfruttando collezioni di composti chimici –attivi contro target noti, non tossici ed approvati per la somministrazione ai pazienti) di legare proteine target diverse da quelle per cui erano stati inizialmente approvati. In alternativa, valutando, in vivo o in vitro, il comportamento delle cellule (ad esempio, generalmente vengono valutati crescita o morte cellulare) in seguito al trattamento farmacologico; 2) il “riposizionamento computazionale”, che si basa sull’integrazione di dati di espressione genica, struttura chimica, dati genomici e proteomici, sulla base del principio che farmaci simili possono avere anche lo stesso effetto biologico ed agire sugli stessi target e pathway cellulari.

Il riposizionamento di farmaci è stato ampiamente utilizzato nella ricerca oncologica. In questo contesto, si parla di riposizionamento “soft” o “hard”. Per riposizionamento soft, si indica l’approccio che porta a testare un farmaco precedentemente utilizzato per il trattamento dei tumori, in un diverso tipo di tumore; il riposizionamento hard, invece, implica la sperimentazione di un farmaco comunemente utilizzato in una diversa malattia per il trattamento di pazienti oncologici. Nell’ambito degli studi sulla leucemia mieloide acuta (tumore caratterizzato dalla iperproliferazione di cellule del sangue che non raggiungono lo stadio finale di maturazione), tramite un approccio soft, ad esempio, gli scienziati hanno dimostrato che il triossido di arsenico, attualmente utilizzato per il trattamento della leucemia promielocitica acuta (APL, un sottotipo di leucemia caratterizzato da una traslocazione cromosomica), è efficace in pazienti leucemici non-APL quando somministrato in combinazione con altri farmaci, offrendo un’opzione per i pazienti che non possono essere trattati con chemioterapia. Un esempio di riposizionamento hard è la Talidomide, che, inizialmente proposto per attenuare i sintomi delle nausee mattutine delle donne incinte, fu ritirato dal mercato a causa dei suoi effetti sullo sviluppo dell’embrione, ed infine approvato per il trattamento del mieloma multiplo.

I farmaci più promettenti, identificati tramite riposizionamento, sono definiti “hit”. Gli hit devono essere validati in studi pre-clinici. Dei 32 composti finora identificati nella leucemia mieloide acuta tramite riposizionamento, 27 sono stati confermati in seguito a validazione pre-clinica, suggerendo il loro potenziale nel trattamento dei pazienti. Tra questi, possiamo menzionare la tigeciclina, un agente anti-microbico che è stato dimostrato uccidere in maniera selettiva le cellule leucemiche e ridurre la crescita del tumore in modelli murini, bloccando la sintesi di proteine mitocondriali; la metformina, un farmaco che agisce sul metabolismo, potenzialmente efficace nel trattamento della leucemia mieloide acuta. Analogamente, l’acido valproico, comunemente usato nel trattamento dell’epilessia, è stato valutato come agente anti-tumorale per via della sua abilità di inibire le deacetilasi istoniche (proteine che, apportando modifiche chimiche alle proteine istoniche associate al DNA, sono coinvolte nell’avvolgimento del DNA), spesso sovraespresse nelle cellule tumorali, inibendo processi critici per la crescita delle cellule leucemiche; gli inibitori della lisina demetilasi 1 (LSD1, altra classe di proteine che, apportando modifiche chimiche alle proteine istoniche associate al DNA, sono coinvolte nell’avvolgimento del DNA), generalmente usati come antidepressivi, sono attualmente in fase di sperimentazione per il trattamento della leucemia mieloide acuta.

Dei 32 composti inizialmente identificati tramite riposizionamento, 13 sono attualmente in sperimentazione clinica –da soli o in combinazione con altri trattamenti. Tuttavia, ad oggi, nessuno di questi farmaci è stato ancora approvato per il trattamento dei pazienti leucemici, principalmente a causa dell’inefficacia clinica e della tossicità; infatti, la combinazione con altri trattamenti, volta ad ottenere una maggiore efficacia, spesso causa l’insorgenza di effetti collaterali inaccettabili.

 

Alla luce di questi dati, gli autori si interrogano sull’effettivo successo di questo approccio nella leucemia, sottolineando che, nonostante l’opinione generale, finora, nella leucemia mieloide acuta, il riposizionamento di farmaci non si è dimostrato realmente più rapido rispetto ai convenzionali approcci per l’identificazione di nuovi farmaci, e gli studi clinici di fase I (normalmente volti all’identificazione della dose appropriata) non possono essere sempre evitati, dal momento che i farmaci da riposizionare sono spesso somministrati a dosi diverse rispetto alle prescrizioni originali o in combinazione con altri farmaci, necessitando quindi di test supplementari per verificarne la tossicità e la sicurezza. Gli autori infine sottolineano alcuni aspetti da tenere in considerazione al fine di ottimizzare questo approccio nell’ambito della leucemia mieloide acuta, quali il perfezionamento degli screening pre-clinici, con l’utilizzo di strumenti più specifici e appropriati, così da ottenere candidati più robusti per la sperimentazione clinica; migliori modelli di malattia; la condivisine dei dati degli screening con altri scienziati; la parallela generazione di un profilo (epi)genetico dei pazienti, al fine di consentire un approccio più personalizzato nel riposizionamene dei farmaci, che possa renderli più efficienti.

 

Referenza:  Has Drug Repurposing Fulfilled its Promise in Acute Myeloid Leukaemia? Valli, Gruszka, Alcalay. J Clin Med 2020